Artivismo: Arte, politica, impegno

Vincenzo TrioneEINAUDI, Italy 2022.

By Vincenzo Trione

Una nuova forma di arte politica: l’artivismo. Gli artivisti si interrogano su alcune emergenze del nostro tempo. Aprone piste sulla superficie della cronaca. Si impegnano in atti concreti, coraggiosi, visionari. Per immaginare un altro presente.

Capitolo terzo Immaginari migranti:

p-71 -72

I percorsi impossibili dei rifugiati sono al centro anche della produzione audiovisiva di Laura Waddington, osservatrice nomade con una formazione letteraria alle spalle, migrante illegale tra Europa e Stati Uniti. Abile nel portarsi al di là di un’attitudine reportagistica o giornalistica, nei suoi cortometraggi e nei suoi video la filmmaker inglese ferma il suo sguardo su alcune esperienze «alla deriva» in Medio Oriente, tra i Balcani, in Kurdistan, ritraendo l’esodo di un’umanità invisibile, straziata, esiliata, alla ricerca di un luogo dove vivere, dove ricostruire una dignità, dove trovare pace.

Da questi presupposti è nato Border 55 (2004). Dietro quest’opera ci sono i soggiorni di Waddington nella campagna intorno al campo della Croce Rossa a Sangatte, una piccola città francese nel Nord – Pas de Calais. Lí l’artista ha seguito da vicino i rifugiati afghani e iracheni impegnati a passare il tunnel sottomarino che collega la Francia al Regno Unito, per sfuggire alla polizia. Con una piccola camera, ne ha filmato i tentativi di fuga notturni, le corse in mezzo ai campi, le attese spasmodiche, gli interventi repressivi della polizia. Sfogliamo un diario intimo, con parole-visioni che ci conducono tra luci e barlumi. Da un lato, ci mettiamo sulle tracce dei «popoli-lucciole», che si ritirano nella notte e inseguono la propria libertà: uomini senza volto e senza documenti, che reclamano il diritto di esistere e di essere riconosciuti, colti mentre attraversano il buio per raggiungere un «improbabile orizzonte» – flash, strati di luce, esplosioni improvvise. Dall’altro lato, i riflettori del Regno: i fasci delle torce della polizia e i raggi emessi da un elicottero che spazza via le tenebre.29

Girati al buio, in presa diretta, i frames sono sgranati, sovraesposti, confusi, tremolanti. Attenta e lucida, Waddington si immerge nella drammaticità di vite sommerse e disperate, che spia da vicino, senza mai cedere al verismo. Intenta a trasgredire i modi propri del cinema-verità, non osserva da fuori i rifugiati: si muove con essi, nel freddo della notte; si compenetra con le loro angosce e con le loro paure, avviando un’insicura negoziazione con la realtà. Compie un’adesione totale: cerca un annullamento visivo del proprio sguardo, per diventare parte di quei campi, di quei respiri affannati, di quei tentativi di corsa verso una meta piú serena.

Testimonianza critica struggente, il racconto filmico risulta a tratti disorganico e allucinato, attraversato da «scintille di umanità».30 Scorrono «immagini-bagliori» che, ha scritto Georges Didi-Huberman, sembrano sempre sull’orlo della sparizione: sporche, maltrattate, non messe a fuoco, sgranate, prive di chiarezza, riprese a ritmo irregolare, quasi al ralenti, catturate da otturatori aperti al massimo. Pensate per «organizzare il nostro pessimismo»31, queste immagini in pericolo evocano la violenta alienazione di esistenze ai margini, poste ai confini delle società, accompagnate da un voice over, simile a una musica di sottofondo o a un’onda continua, sempre uguale e incessante: è la voce di una giovane donna, che racconta la sua storia e i suoi incontri.

Il contatto rispettoso e inquieto con la realtà fa deflagrare cosí la documentazione di un’esperienza personale in un’astrazione che insinua in noi tante domande. Confuso e frammentato, il materiale girato dà conto di specifiche condizioni umane, senza tuttavia mostrarle: gli anonimi «attori» si dissolvono, per non farsi scoprire. Si respirano la potenza della perdita e l’inaccessibilità del visibile32.

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Come evitare di cadere nelle sabbie mobili del moralismo, dell’anestetizzazione e dell’estetizzazione? Tra gli artisti che abbiamo incontrato nel nostro viaggio critico, alcuni – come El Anatsui, Steyerl, Hatoum, Alÿs, Waddington, Abdessamad, Paladino, Iñárritu, Balestrini, Björk, Saraceno ed Eliasson – hanno suggerito possibili sacche di resistenza. A
 
“Artivismo: Arte, politica, impegno” by Vincenzo Trione, EINAUDI, Italy 2022

Footnotes

29 Didi-Huberman, Come le lucciole cit., p. 93.

30 Ibid., p. 93.

31 Ibid., p. 95.

32 E. Marcheschi, Videoestetiche dell’emergenza, Kaplan, Torino 2015, pp. 89-92.